Segreti rivelati: come i paesi in via di sviluppo pianificano di spendere i fondi climatici!

In un mondo in costante evoluzione dal punto di vista economico, il recente traguardo raggiunto dai paesi ricchi di 100 miliardi di dollari in finanziamenti climatici rappresenta un punto di svolta significativo. Tale impegno, originariamente stabilito nel 2009 durante il summit sul clima di Copenaghen, aveva come obiettivo fornire ai paesi in via di sviluppo un aiuto annuale per far fronte alla crisi climatica. Tuttavia, questo traguardo è stato raggiunto con due anni di ritardo rispetto alla scadenza iniziale del 2020.
Secondo i dati forniti dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), nel 2021 sono stati erogati circa 89,6 miliardi di dollari ai paesi in via di sviluppo, con una previsione di superare i 100 miliardi nel 2022. Tale cifra rappresenta un aumento dell’8% rispetto ai 83 miliardi del 2020, il che ha portato l’organizzazione ad avere fiducia che nel 2022 la cifra supererà i 100 miliardi di dollari.
Il mancato rispetto della scadenza iniziale ha generato tensioni nei dibattiti globali sul clima, con i paesi in via di sviluppo che accusano i paesi ricchi di inaffidabilità, mentre questi ultimi citano difficoltà nel mobilizzare sovvenzioni e prestiti. Tuttavia, il raggiungimento di questo traguardo dovrebbe fornire un significativo impulso ai colloqui della Cop28 delle Nazioni Unite sul clima, previsti a Dubai tra due settimane.
Nonostante il raggiungimento di questo traguardo, i paesi ricchi riconoscono la necessità di fare molto di più. Le esigenze e l’urgenza della crisi climatica sono cresciute enormemente dal 2009, con l’aumento delle emissioni di gas serra, delle temperature globali e degli impatti climatici in tutto il mondo, sotto forma di eventi meteorologici estremi, ondate di calore, inondazioni, siccità e innalzamento del livello del mare.
La ricerca condotta dall’economista Nicholas Stern ha dimostrato che i paesi in via di sviluppo avranno bisogno di circa 2 trilioni di dollari all’anno entro il 2030 per trasformare le proprie economie in modelli a basse emissioni di carbonio, adattare le infrastrutture agli eventi meteorologici estremi e coprire il salvataggio e la riabilitazione delle comunità colpite dai disastri climatici.
Tuttavia, la maggior parte di questi trilioni di dollari non arriverà sotto forma di aiuti esteri dai paesi sviluppati, bensì attraverso il settore privato. Gran parte dei fondi necessari è già in circolazione sotto forma di investimenti del settore privato in tutto il mondo, ma attualmente è diretto verso combustibili fossili e infrastrutture ad alto contenuto di carbonio. Pertanto, è necessario riorientare tali investimenti verso obiettivi a basso tenore di carbonio.
Con l’attenzione crescente sul mancato rispetto di questa promessa, si sta assistendo a una riconsiderazione delle sovvenzioni e dei prestiti esistenti come finanziamenti climatici. La lentezza nel raggiungimento dell’obiettivo, che inizialmente era un po’ arbitrario, ha reso meno rilevante tale traguardo, poiché il fallimento dei paesi nel mitigare la crisi climatica ha portato a un aumento del costo annuale per le perdite e i danni causati dal clima e per la costruzione di resilienza, che ammonta a oltre 500 miliardi di dollari all’anno.